advertising.jpgVi ricordate quando le agenzie di pubblicità non ne volevano sapere di internet? Correvano gli anni 1995/1996 gli utenti on line erano ancora troppo pochi, il mercato ancora poco interessante per occuparsi della rete. Questa situazione ha permesso lo sviluppo delle Web Agencies che si sono imposte sul mercato grazie ad un vuoto nel sistema di offerta delle agenzie tradizionali di comunicazione.

La stessa situazione si sta puntualmente ripresentando a distanza di dieci anni. Interessa a qualche agenzia la televisione digitale?


Ho dedicato gli ultimi quattro anni della mia vita professionale a sviluppare nuovi modelli di advertising per la televisione interattiva sia come consulente sia come docente in corsi di specializzazione. Vista la mia “discreta frequentazione dell’ambiente pubblicitario”, decido circa 7 mesi fa, di contattare alcune grandi agenzie ed i principali centri media, per proporre loro di fare “due chiacchiere” sul futuro della pubblicità, nell’era della transizione alla tv digitale.

La risposta è corale. Non ci interessa, non ci sono gli utenti, non esiste il mercato. Quando sarà il momento ci penseremo.
Qualche agenzia comincia timidamente ad occuparsi di pubblicità interattiva televisiva , ma nella maggior parte dei casi si fa riferimento a modelli consolidati che sulla tv digitale appaiono già vecchi. Non c’è spazio per la ricerca, non ci sono i budget. Dell’argomento ci si preoccuperà quando sarà ritenuto urgente. ….. invece gli inserzionisti pubblicitari si dimostrano molto interessati alle potenzialità dell’interattività in televisione.

Abbastanza sconcertato dalla miopia generale, pubblico sulla rivista Net Forum un articolo dal titolo “non è mai troppo presto” in cui pur comprendendo le logiche del time to market cerco di porre l’attenzione sulla necessità di “monitorare” i principali trend di cambiamento nel comparto della comunicazione ed invito il mondo delle agenzie a non abbandonare la strada della ricerca (anzi a ripercorrerla per essere più corretti).

In diversi altri articoli che ho pubblicato, ho cercato anche di evidenziare come negli Stati Uniti, i grandi investitori pubblicitari già stiano modificando i loro investimenti pubblicitari, riducendo le pianificazioni di formati tabellari ed incrementando la quantità di progetti speciali come conferma questo articolo del New York Times

L’articolo in questione è molto esplicito fin dal titolo: “Advertisers want something different”. (Visto che è pubblicato nella sezione a pagamento, non tutti lo potranno leggere. Spero di non violare il copyright se ne riporto qui una frase, rendendomi perfettamente conto che estrapolandola dal suo contesto non è proprio la migliore delle operazioni, ma credo che il senso di questo “estratto” sia estremamente visto che i riferimenti sono estremamente precisi).

It’s unclear if the traditional agencies will be nimble enough to halt a slow decline. Already, many famous names are vanishing: N. W. Ayer; Bates; Bozell; D’Arcy Masius Benton & Bowles; Earle Palmer Brown; Lintas; Warwick Baker O’Neill. The big agencies also face a throng of hip new rivals, which have pounced on the opportunity and are looking to steal business. Those boutiques use their oddball names - like 180, Amalgamated, Mother, Nitro, Soul, StrawberryFrog, Taxi and Zig - as branding devices to signal they are not about business as usual.

Sembra che gli investimenti pubblicitari aumenteranno, è questa è una buona notizia, ma i clienti stanno diventando sempre più selettivi, se le agenzie di pubblicità non sapranno adeguarsi, “nuovi soggetti” potrebbero prendere il loro posto o ancora peggio, le aziende investitrici potrebbero decidere disintermediare le agenzia di pubblicità.

Potrò anche sbagliarmi, vogliamo correre il rischio?

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