Un articolo pubblicato di recente su Clickz.com (link a fondo post) ritorna sul tema dell’effetto “branding” derivante da campagne SEM, dimostrando con una ricercha svolta insieme MetrixLab quanto già si teorizzava: l’esposizione del brand all’interno di un link sponsorizzato, in un contesto rilevante come quello della ricerca, ha un impatto significativo sulla brand awareness. L’effetto è naturalmente più consistente presso quelle persone che, oltre ad essere esposte all’annuncio testuale, si recano sul sito di destinazione della campagna (clickando); l’effetto benefico è però evidente - sebbene in misura minore - anche con la sola esposizione al messaggio; quest’ultimo benefit è totalmente gratuito per l’inserzionista, dato che si paga solo il click. Qui è visibile, a tal proposito, un grafico ripreso dall’articolo di Clickz.com

Detto questo, nell’articolo c’è un altro grafico, il quale potrebbe stupire la maggior parte degli investitori online: da questo grafico risulta che le forme di online display (banners) hanno efficacia (rapporto tra “branding effect” e “reach”) significativamente inferiore anche di altre forme classiche di “interruption marketing” (in primis la TV).
Il messaggio che vi si può cogliere, a mio parere, è che quando si utilizzano online le forme di interruption marketing (riconduco per semplicità i banner a questa forma, in quanto si tratta comunque di adv nel contesto di contenuti “altri”, i quali sono il vero motivo per cui un utente visita un sito), la loro efficacia è inferiore anche rispetto ad altri mezzi (es. TV); la lezione ulteriore è che i banners sono una forma arcaica di adv, propria di altri mezzi, la quale non rappresenta uno sfruttamento delle potenzialità di Internet e spesso mal si adatta al contesto, con riflessi - negativi - sull’efficacia. Il problema non è nemmeno di impatto visivo (il fatto che molti formati display occupino uno spazio marginale sulla pagina) ma è di 1-contesto e 2-rilevanza: la ricerca pubblicata su Clickz.com dimostra infatti quanto un semplice sponsored link è efficace anche per fare branding, sicuramente grazie al fatto di essere 1-contestualizzato e 2-attinente a quello che l’utente sta facendo nel momento in cui rimane esposto al messaggio.

Ora, sappiamo bene che l’online display assorbe una discreta quota degli investimenti in pubblicità online (38% circa degli investimenti previsti nel 2009, secondo IAB), ma questi pensieri mi portano a pensare che anche il display, almeno nelle sue forme standard, dovrebbe essere acquistato principalmente a performance, in funzione di un risultato misurabile (quantomeno il banale click)…proprio perché l’efficacia derivante dalla semplice esposizioni di “banners” sembra non essere così consistente; tanto vale dare finalmente seguito a quello di cui si parlava oltre 10 anni fa tra aspiranti professionisti del settore, quando il mercato era ancora piccolissimo e quindi l’approccio ai problemi era più teorico che pratico, ma era anche di buon senso e non teneva conto dei retaggi del passato, delle consuetudini all’acquisto “costo per mille” o di altre spinte “conservatrici”; online si può e deve investire in cambio di un risultato realmente misurabile. Gli strumento lo permettono.

Nota conclusiva: a mio parere, attenzione comunque ad applicare all’online advertising le ricerche che misurano il “branding effect” pre/post esposizione. Siamo d’accordo che questa sia una misurazione sulla quale i brand manager si basano per le loro scelte future (e se dimostriamo che anche l’online adv funziona in questo senso, possiamo portare online maggiori investimenti), ma il parallelo tra brand awareness e ROI (vendite) non è sempre scontato. Sarebbe bello, e utile, che la misurazione del ROI, e non di altri indicatori più o meno vaghi, sia il punto di partenza per risalire alle forme di comunicazione da utilizzare e sperimentare.

Per concludere, qui si trova l’articolo completo da cui sono partito per scrivere questo post. Non ho ripubblicato i grafici (limitandomi ai link) perché le policy di Clickz.com non permettono la riproduzione (avrei potuto chiedere il consenso, ma non ne valeva la pena e poi non sono molto d’accordo con il rendere i loro articoli del tutto non riproducibili; tanto per far sorridere un po’, nelle policy dell’editore si legge - in riferimento agli articoli online - quanto segue “You may [..] print individual pages on paper (but not photocopy them)”; fantastico.

Condividi:
  • del.icio.us
  • Facebook
  • Google Bookmarks
  • Technorati
  • LinkedIn
  • Digg
  • StumbleUpon
  • Tumblr
  • email
  • Print
  • FriendFeed
  • Twitter

Nessun post simile.