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Riflessioni sull'e-learning
Autore: Sebastiano.Pagani | Categoria: E-learning | Data: Mercoledì, 3 Marzo 2004 

Premesso che non mi considero un "gran" conoscitore di metodi didattici, ho il timore che l'e-learning, per ora, non stia facendo altro che trasformare la formazione in "nozionismo", nel trasferimento di nozioni e concetti fini a se stessi e nella loro successiva - quasi automatica - certificazione. Questo mi sembra in particolare vero per alcune offerte di formazione professionale; altro discorso andrebbe sviluppato per i corsi formativi lunghi, nei quali l'e-learning è solo una parte del percorso didattico.

Quello che temo è che l'idea preponderante associata all'e-learning non sia altro che una formula commerciale per cercare di costituire un mercato immediatamente redditizio, offrendo un servizio immaturo, spesso fatto solo di contenuti formativi non aggiornati ma semplicemente adattati ad un'erogazione telematica. Non intendo demonizzare il business ed il guadagno in sé, ci mancherebbe, solo che la mia visione è piuttosto differente da quella portata avanti da questi operatori; penso che, come è già successo altre volte nel campo della "net economy", si sia corso troppo in fretta nel celebrare una potenziale innovazione, senza riflettere a sufficienza su come renderla utile.

Anche il concetto di "lifelong learning", con l'e-learning (ma anche con i corsi professionali comuni), diventa una situazione calata dall'alto, inquadrata, formalizzata, con un "dentro ed un fuori"; insomma, il totale contrario di quello che, secondo me, dovrebbe essere, almeno stando al significato delle parole: lifelong learning = apprendimento continuo, vita natural durante. Ogni cosa che faccio può portarmi ad apprendere, ogni interazione che vivo è potenziale fonte di conoscenza, la conoscenza stessa è nell'interazione.
Più che altro quella del "lifelong learning" è diventata una chiave (qualcuno direbbe una moda, io da ex-pubblicitario dico "unique selling proposition") che alcune aziende produttrici di formazione usano per la vendita di corsi di formazione.

Ritornando all'e-learning, inteso come insieme di tecnologie e metodi didattici per l'apprendimento a distanza e per l'apprendimento continuo, mi chiedo se effettivamente si tratta di una rivoluzione (o almeno di una evoluzione), o se invece non fa altro che aumentare il divario tra apprendimento e pratica, fornendo solo l'illusione di aver appreso qualcosa di utile ed utilizzabile, di essersi aggiornati; questo peraltro è, secondo me, un problema che si pongono tutti i formatori e progettisti di formazione professionale, in particolare quella costituita da corsi brevi e seminari.
Forse la Rete, e non le piattaforme di e-learning ne i corsi che tramite queste vengono erogati, può moltiplicare le possibilità di praticare interazioni professionali=occasioni di sviluppo della propria conoscenza.
La questione è quindi soprattutto comportamentale: il professionista che vuole essere aggiornato ed apprendere ogni giorno, deve vincere la sua pigrizia ed approfondire delle pratiche di networking, aumentando le sue interazioni ed arricchendosi (cognitivamente) tramite di esse.

L'E-learning ha anche un problema congenito, i tassi di abbandono troppo alti, causati a quanto pare dagli scarsi stimoli dell'utente/studente che frequenta un corso esclusivamente a distanza. Gli operatori del settore, i formatori ed i progettisti, stanno quindi ricercando la giusta miscela (da questo la definizione di "blended-learning") di percorso di studio a distanza e percorso in aula, con l'obiettivo di aumentare gli stimoli e diminuire di conseguenza il tasso di abbandono dei corsi. Altri rimedi potrebbero consistere nell'introduzione di business game, "simulazioni di ruolo" e nell'introduzione di spazi virtuali di interazione tra partecipanti ai corsi, onde riprodurre a distanza, ed anche in maniera flessibile, le dinamiche del "gruppo".
Secondo me la soluzione non è solo nella giusta miscela di percorso on-line e percorso in aula, quanto nell'invenzione di una tecnologia che abiliti le "intelligenze" (le persone dotate di) che "vagano" in Rete (internet, network sociali) senza conoscersi, a trovarsi, condividere competenze ed eventualmente co-operare su specifici progetti, non solo simulati ma reali; questo potrebbe condurre ad un'auto-organizzazione dei saperi, in opposizione all'attuale situazione dei saperi che spesso vengono calati dall'alto.
Riconosco che questa idea, ancora piuttosto indefinita, è qualcosa di più della formazione e dell'e-learning, ma è secondo me quanto di più vicino al "lifelong learning" io riesco ad immaginare.

Io spero che si possa condurre una fase di riflessione su come fondere tecnologia e desideri/bisogni umani e professionali di apprendimento e miglioramento costante, o più precisamente, su come abilitare - tramite la tecnologia - i bisogni reali di accrescimento e apprendimento continuo, evitando di dare l'illusione di star perseguendo il miglioramento di se stessi tramite corsi "chiusi" che si limitano a fornire nozioni e certificazioni, le quali spesso finiscono nel dimenticatoio (le prime), ed in fondo ai cassetti (le seconde).

Se fossi un esperto di formazione mi metterei io stesso a condurre questa fase di riflessione, ma visto che non lo sono, chiedo se questa cosa la sta già facendo qualcun'altro, oppure se qualche esperto mi aiuta a capire ed a riflettere, magari insieme ed a "voce alta".

Commenti

Aggiungo al quadro che avete delineato, che un altro tallone di Achille dell'e-learning, sono le "sterili griglie di valutazione" di cui si parlava in un post piu' sopra.
La verifica di quanto/come ho appreso qualcosa, a parte il discorso lifelong che andrebbe applicato anche qui, non puo' essere una griglia comune a tutti e invece, si continuano a vedere test di valutazione che sembrano quiz televisivi.
Qualcuno ha notizia di piattaformee metodologie "adattative"?
Al momento, l'unico sistema che (mi pare) funzioni in modo simile è il software per l'ottenimento delle certificazioni MS che -mi risulta- ti massacra quando individua i tuoi punti deboli.
Ma se lì puo' esserci un fatto commerciale e di immagine a giustificare l'impiego di simili metodi, non vedo perche' non si possa fare altrettanto su altri interventi formativi.
Il discente, forse si romperebbe di piu' le ossa, ma ne uscirebbe certamente con maggior cognizione di causa sugli argomenti di studio.
Saluti a tutti :-)

Inviato da: Pasquale @ 10.03.04 09:38

Sia "remix" che Sergio introducono altre questioni importanti:
1- I sistemi di misurazione delle conoscenze/competenze. E' opinione ormai anche di alcuni consulenti organizzativi, che gli strumenti di misurazione delle competenze aziendali, molto simili a quelli usati nei corsi di formazione, sono inadeguati allo scopo in quanto non misurano la reale "consistenza" ed applicazione/applicabilità dei saperi...sono, per riassumere il tutto in una parola, astratti.
2- la questione dei "diplomifici": altrove (in un'altra discussione dai contenuti simili a questa), è emerso che anche le università e le aziende tendono a valorizzare la formazione come "sistema chiuso", giustificando quindi, implicitamente, la filosofia del "diplomificio".
Nel caso delle università, anche con la riforma attualmente in discussione, si sostiene un'idea di studio strettamente finalizzata al superamento degli esami nella prima sessione (chi "sfora" è penalizzato); non si valorizza lo studio come periodo di approfondimento, non si da la possilità allo studente di appassionarsi a quello che fa. Si azzera l'autonomia gestionale dello studente, irrigidendo tempi e quindi anche metodi di studio. Se tutto questo parte già dall'università (e magari anche dai licei)...è consequenziale che anche la formazione professionale sia percepita non per ciò che insegna, ma "perchè fa curriculum".
Le aziende (soprattutto quelle medio-grandi) dal canto loro, con alcune eccezioni, tendono a valutare positivamente il candidato che all'università ha bruciato le tappe senza approfondire (ma limitandosi al minimo per passare gli esami con un buon voto), rispetto ai candidati che con un percorso di studi più lungo (non parlo certo di quelli che si parcheggiano all'università per 8-9 anni, ovviamente) dimostrano passione è volontà di approfondire.
L'e-Learning probabilmente rimane "schiacciato" all'interno di questo sistema; come già è successo ci saranno delle iniziative, partite in pompa magna, che falliranno o si ridimensioneranno, mentre le novità non arriveranno dai grandi gruppi che hanno investito nell'E-learning ma dai piccoli operatori...se non addirittura dall'auto-organizzazione di gruppi professionali ed appartenenti ad associazioni di categoria.

Inviato da: Sebastiano Pagani @ 04.03.04 11:02

Sono totalmente d'accordo con le tue considerazioni. Ho lavorato per 2 anni come progettista di corsi di formazione professionale e ho collaborato a vari progetti di e-learning. Posso dire che i momenti più interessanti sono quelli legati al gruppo, alla condivisione delle conoscenze (newsgroup, forum). Però finché tutto sarà chiuso dentro una piattaforma di formazione a distanza il "lifelong learning" non sarà possibile. Purtroppo chi si occupa di formazione è più attento agli aspetti "formativi", che spesso riguardano sterili griglie di valutazione delle "prestazioni raggiungibili e/o raggiunte". La creazione dell'habitat per l'apprendimento è vista come una semplice scelta tecnologica (questa o quella piattaforma). Amaramente si deve constatare che la maggior parte dei progettisti di formazione... non fa personalmente formazione. Perlomeno quelli che conosco io. Anch'io sto riflettendo ad alta voce... perdona se sono stato un po' confuso :-)

Inviato da: remix @ 04.03.04 00:06

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