IMlog - Il blog di chi fa marketing online

Youtube come home page

Si dice che Google sia l’home page di ogni azienda. Da adesso anche Youtube puo’ esserlo: l’agenzia Boone Oakley ha deciso di usare una serie di video postati su Youtube per rimpiazzare il proprio sito web:

L’ha fatto in maniera molto smart, utilizzando la possibilita’ di linkare altri video e quindi usando il video come ipertesto.
Mi piace molto anche il modo in cui dal video puntano alle feature del player di Youtube, come la barra di avanzamento e il volume.

Quello che un’agenzia creativa deve fare e’… essere creativi, no?

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Amazon: strani consigli…

Ho comprato diversi libri di Chuck Palahniuk, che e’ il mio scrittore preferito, su Amazon UK, quindi non mi sorprende (anzi mi sorprenderebbe il contrario) ricevere una mail che mi raccomanda l’acquisto del nuovo romanzo, Pygmy.

La cosa che mi soprende pero’ e’ che il link mi mandi qui, ad una edizione non ancora disponibile e che dovrei ordinare, invece che qui, ad un’edizione in stock.
Che sia perche’ la prima costa 12 pound e la seconda solo 7.5?

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Most Valuable Puppets

E’ un po’ conflitto di interessi (a quanto ne so in Italia va ancora di moda…), questa serie di video creati da Wieden & Kennedy per Nikebaskeball sono troppo belli, anche se non sei un tifoso di basket, per non postarli.
Questo e’ l’ultimo:

Gli altri li trovi qui

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Social workers…

Il NY Times ha assunto il proprio primo Social Media Editor.
Si tratta di Jennifer Preston, che in realta’ ha 25 anni di esperienza al Times.

Buon segno, ma piu’ che altro segno dei tempi!

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La ricetta per batter la crisi? Hoca-hola e ragu’…

Probabilmente avrete gia’ visto e letto del nuovo spot di Coca-cola, ma mi sembrava troppo bello per non postarlo.

In breve Coca-cola ha mandato in onda (immagino in Italia sia anche in tv?) questo nuovo spot, in cui tale Giulia da Pisa dice che invece dello champagne lei beve la bevanda gassata e invece di andare al ristorante mangia il ragu’ della mamma (tipico di Pisa?). Questa sarebbe la sua risposta alla crisi.

Oltre a far incazzare praticamente chiunque, visto che contrarre i consumi e’ il modo migliore per rendere la crisi infinita (e vabbe’, su questo si potrebbe discutere ore), il video ha suscitato una meravigliosa risposta, in vero toscano:

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Blogger(s): advertising no, self-advertising si’

Mi stupisce un po’ come quasi tutti i blogger, le blogstar e i “social media guru” nostrani si facciano beffe delle aziende che fanno pubblicita’ sui social media, invece di cercare un “engagement” con gli utenti, ma poi usino il proprio blog e il proprio Facebook (e Friendfeed e Twitter e qualsiasi altro “social something” nato negli ultimi minuti) principalmente per fare pubblicita’ a se stessi.

Sarebbe interessante vedere cosa farebbero se lavorassero in un’azienda…

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Social media in 140 caratteri

Avinash Kaushik riassume in maniera brillante in un twit l’approccio ai social media da parte di… quasi tutti :)

social_media

Via Yongfook

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MBA

dilbert_mba

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Fineco: servizio clienti imbarazzante, online ed offline

Di questi tempi ti aspetteresti che le banche fossero impegnate con tutti i mezzi a riguadagnare la fiducia dei clienti, in particolare fornendo un servizio clienti efficace e veloce.
Beh, per Fineco questo di sicuro non avviene!

Di ritorno da Cuba ho avuto una brutta sorpresa: qualcuno ha utilizzato la mia carta di credito per fare shopping al Wal-Mart di Orlando.
Ovviamente seguo la procedura ed invio i moduli richiesti via fax, per contestare gli importi.

Da quel momento nessuna risposta. Invio una richiesta tramite l’help online. Nessuna risposta. Provo la chat: nessun operatore in linea. Provo a chiamare (2 volte): nessun operatore disponibile. La voce automatica mi dice che gli operatori sono occupati e di rimanere in linea: anche dopo 5/10 minuti conitnua a ripetere di rimanere in linea e non suggerisce di richiamare, e intanto il costo sale, visto che chiamo dall’estero.

Oggi riprovo con la chat e ottengo il seguente servizio (notare il tono…):

chat_fineco

Allora riprovo a chiamare: nessun operatore disponibile e lunga attesa. Di nuovo!

Onestamente volevo tenere il conto in Italia anche se sono all’estero, per comodita’, ma Fineco sta facendo di tutto per farmi cambiare idea.
Ciliegina sulla torta: siccome la carta e’ stata bloccata ho ricevuto quella nuova da attivare, ma non e’ possibile farlo perche’ le transazioni fraudolente nel frattempo mi sono state addebitate e il saldo non e’ sufficiente!
Fineco, the new bank: figuriamoci quella vecchia…

Update: il Servizio Clienti mi ha mandato 3 mail identiche (…) chiedendo di rimandare i documenti

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Il giornale notiziabile

Rupert Murdoch ha affermato pochi giorni fa che l’informazione, anche online, si deve pagare. Io che non ho, a differenza di Murdoch, alcuna fama nel mondo dell’editoria ne vi ho mai costruito niente di rilevante (ma nemmeno ho comprato Myspace per un costo un tantino…spropositato), analizzo la questione da un punto di vista forse più pragmatico, quello dell’utente.

Cosa succede ad una fonte di notizie che si chiude al mondo esterno, nell’epoca in cui il primo passatempo dell’Internet sociale è condividere link e informazioni su Facebook, blog, Friedfeed, Twitter e quant’altro verrà? Beh, succede che le notizie che propone non sono più “notiziabili”, ovvero segnalabili liberamente, in grado di generare altre notizie e più in generale in grado di alimentare una conversazione. Il problema è quindi che un giornale on-line a pagamento mette un limite drastico alla sua diffusione, e quindi alla sua efficacia. Si può dire che così facendo compromette la sua mission. Ma questo potrebbe anche non interessare all’editore che pensa di poter fare a meno di generare conversazione, accontentandosi di lucrare sulla scarsità (peraltro creata artificialmente - almeno come tentativo) di notizie e approfondimenti di qualità. A mio parere anche la possibilità di lucrare su queste cose è collegata al mantenimento di un giornale notiziabile, che sia un alimentatore di conversazioni.

Io, se fossi un editore, non vorrei rinunciare a tutto questo e anzi vi farei leva; vorrei far parte dell’ecosistema, nella più classica delle simbiosi, anziché uscirne e perdere un possibile mutuo beneficio; in termini pratici, un giornale online con accesso a pagamento sbarra la strada a tutte le fonti di traffico che si basano sulla libera accessibilità - e quindi non solo le libere segnalazioni degli utenti ma anche i motori di ricerca che, è vero, lucrano sui contenuti altrui ma in parte restituiscono il favore in termini di traffico vendibile agli inserzionisti e fornendo anche piattaforme di pubblicità sul modello “revenue sharing” - Adsense.

Inoltre, sempre se fossi un editore, vorrei fare leva anche sul fermento che c’è intorno al giornalismo come professione (almeno in Usa, da noi non so); ci sono molti giovani che, a quanto pare e alla faccia della crisi di settore, si lanciano convinti nella frequentazione di scuole di giornalismo. Ma a questi editori non è forse venuto in mente che è proprio a causa della loro crisi che più persone vogliono diventare giornalisti? E forse che la loro crisi apre spazi per nuove forme editoriali…e che quindi non è il giornalismo ad essere in crisi, ma un certo genere di editoria; tempi stimolanti, per un giornalista o aspirante tale, meno interessanti per chi si ancora sempre ai soliti modelli.

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